Le stelle che al Sud non brillano



Il voto al MoVimento 5 Stelle è stato vissuto, da buona parte dei cosiddetti meridionali, come l’ultimo, disperato tentativo di ottenere dallo Stato italiano qualcosa per la nostra Terra e i nostri Popoli. Nonostante la vulgata mainstream avesse puntato l’indice contro i soliti fancazzisti terroni, che avevano inondato di voti i Cinque Stelle soltanto perché era stato loro promesso di stare a casa senza far niente e percepire un reddito di cittadinanza, la realtà ha subito mostrato le sue innumerevoli sfaccettature e sfumature: c’era chi li ha votati perché voleva una bella iniezione di onestà nella vita politica romana; chi li ha sostenuti perché convinto che finalmente potevano “scassare tutto”, per riprendere uno slogan in voga a Napoli, ed essere veramente un’avanguardia antisistema; chi li ha appoggiati perché avevano proposto l’istituzione di una  Giornata della Memoria delle Vittime meridionali del Risorgimento, cosa ovviamente mai realizzata.
La sera del 4 marzo, sugli schermi di tutta Italia si poteva notare una enorme macchia gialla, che ricalcava quasi fedelmente i confini del fu Regno delle Due Sicilie. Non pochi, infatti, avevano parlato del MoVimento 5 Stelle come di una sorta di “Lega del Sud”, capace di fare breccia nei cuori, nei cervelli e negli stomaci di coloro che, nei decenni precedenti, avevano creduto a Renzi, a Berlusconi, a Bassolino e giù di questo passo.
A quasi tre mesi dall’apertura delle urne, possiamo tranquillamente dire che la fiducia riposta nei Cinque Stelle non ha portato a nulla. Nulla. L’irriducibile forza antisistema ha flirtato prima col PD (!) e poi ha stretto una alleanza col partito più vecchio presente nel Parlamento italiano: la Lega non-più-Nord, quindi sempre più Nord. Il programma di governo redatto dalle fulgide menti pentastellate e legaiole, tra le quali si ergeva il sempreverde Calderoli, non faceva nemmeno menzione del Sud e la successiva aggiunta di qualche riga dalla vaghezza imbarazzante ha peggiorato, per quanto fosse possibile, la situazione. In quelle otto righe, inoltre, era specificato che non ci sarebbe stato nulla “per il Mezzogiorno”, ma che anzi vi fosse la convinzione che le ricette proposte nel contratto di governo avrebbero sortito i medesimi effetti positivi a Verona come a Siracusa, a Torino come a Napoli, in Brianza come in Salento.
Sono passati solo tre mesi, eppure lo scenario è chiaro ogni giorno di più. Molti di noi lo avevano capito fin da subito, altri hanno dovuto attendere che i loro “voti antisistema e meridionalisti” venissero utilizzati dai pentastellati per tentare di fare un governo con la Lega di Salvini. Il MoVimento 5 Stelle si è dimostrato un partito assolutamente “italiano”, nel senso peggiore del termine, disinteressato alle sorti del Sud, incapace di proporre una rottura reale con lo status quo e destinato a calmierare, invece che incanalare, le istanze di riscatto sociale, politico e culturale della nostra Terra e dei nostri Popoli.

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